
Povera Parigi, costretta da anni a sanguinare, guardando inerme le sue ferite, che non si rimarginano, ma si espandono continuamente, mentre tutti la osservano con indignazione, attraversati proprio da quel senso di impotenza che, da tempo, inonda la città.
Povera Parigi, che contaminò il suo sangue copioso con quello dei giovani che assistevano a un concerto e con quello di chi si trovava nei paraggi, in quel maledetto 13 novembre 2015.
Povera Parigi, in preda all’ansia dei pazzi solitari che, in nome di un Dio che prende un altro nome -ma che è sempre colui che droga i popoli col suo oppio, nel suo essere immaginario- attentano alla sua incolumità e a quella di abitanti e turisti
Povera Parigi, assaltata nel suo cuore per settimane da parte di chi si mischia a chi protesta per più o per meno giuste cause e sceglie solo di danneggiarti.
Povera Parigi, ferita nel suo simbolo più importante, un simbolo di arte e di storia, prima ancora che di religiosità.
Povera Parigi, stretta in un caos di gente che urla dentro e che testimonia che qualcosa, nel tempo, è andato storto.
Povera Parigi, mentre piangi e io piango insieme a te, perché ancora non ho avuto di toccare dal vivo la tua bellezza